
La Nandina, detta anchè “Bambù Sacro” ha le sue origini in Asia dove viene ancora oggi ampiamente coltivata. In oriente è infatti considerata un simbolo beneaugurante e per questo viene piantata nei templi sacri e utilizzata a decorazione degli altari. Fu William Kerr, un nobile scozzese, ad importarla a Londra da Canton nel 1804 e da quel momento fece breccia nel cuore digli inglesi che cominciarono a coltivarla nei loro giardini. Il nome “Nandina” le fu assegnato da un botanico svedese (Carl Peter Thunberg) allievo di Linneo che distorse il nome con cui viene chiamata in Giappone, ovvero “Nan-Ten”.
Ogni singolo fusto porta foglie solo nei due terzi superiori, mentre la base è spoglia; l'aspetto compatto della pianta è dovuto al fatto che dall'apparato radicale spuntano costantemente nuovi polloni, che quindi contribuiscono a mantenere folta la parte inferiore della pianta.
Si distinge per i fiorellini bianchi estivi raccolti in pannocchie, che si trasformano in grappoli di bacche di colore rosso brillante e per le foglie verde vescica, che durante il periodo autunnale cambiano colore, passando dal verde all'arancio, al rosso e al porpora. Si distingue dalle altre piante per la sua caratteristica di mantenere le foglie per tutto il periodo invernale. La pianta misura un'altezza media di 1 metro e mezzo e resiste meravigliosamente sia ai periodi di siccità estiva, che alle gelide temperature invernali.
Per quanto riguarda l'irrigazione, tollera bene la siccità una volta ben radicata, ma è preferibile mantenerla leggermente umida durante la stagione di crescita. È importante evitare ristagni d'acqua, che possono causare il marciume radicale.
Non necessita di una grande potatura, ma** **è necessario ripulirla dei rami secchi e privi di bacche, questa operazione va effettuata verso la fine del periodo invernale per consentire alla pianta di respirare liberamente e acquistare forza nella fase di sviluppo.